Pane e vino

Secondo l’Ordinamento Generale del Messale Romano, per poter celebrare l’Eucaristia è necessario avere del pane e del vino. Ma, ci siamo mai chiesti perché Gesù scelse proprio queste due specie per rappresentare il Suo Corpo e il Suo Sangue?

Secondo l’arcivescovo statunitense Fulton J. Sheen: “questi doni rappresentano al meglio la sostanza della vita. Il grano è il vero midollo del terreno, e i grappoli di uva sono il suo vero sangue: insieme ci danno il corpo e il sangue della vita. Portando queste due cose, che ci danno vita, che ci nutrono, noi stiamo portando l’equivalente di noi stessi al sacrificio della messa.” (“Vivere la Messa”, Edizioni San Paolo, pag. 30). Inoltre, sia il grano che l’uva, per poter diventare pane e vino, devono subire un processo di trasformazione: il grano deve essere frantumato e l’uva pigiata. Come non pensare quindi al Servo di Jahve, percosso, schiacciato e trafitto per i nostri peccati?

Pane e vino, due cose che sembrano essere davvero scontate. Ma non è sempre così. La seguente storia mi ha fatto riflettere moltissimo sul mistero della transustanziazione ed ha cambiato il mio modo di vivere la sublimità della Santa Messa. La racconta il padre Patrick Reilly, un sacerdote irlandese della Legione di Maria (e il ”caso” vuole che questo articolo sia pubblicato proprio oggi, giorno della festività del Cuore Immacolato di Maria), che si è visto privato della possibilità di celebrare il rito dell’Eucaristia durante la sua prigionia sotto il regime comunista cinese. Il mio augurio e che ogni sacerdote possa vivere la celebrazione liturgica con lo stesso spirito di questo sacerdote.

Ho trascorso quattordici mesi in una cella d’isolamento nella Cina comunista. Durante questi quattordici mesi non ho praticamente avuto la possibilità di parlare con nessuno all’infuori delle mie guardie e degli interrogatori. Non avevo un letto per sdraiarmi e nemmeno dei panni per ripararmi dal freddo.

Ero obbligato a rimanere seduto nella stessa posizione per sedici ore al giorno. Non mi era permesso di leggere niente, nemmeno le lettere da casa. La porta della cella veniva aperta due volte al giorno per portare nel mio loculo una magra razione di riso con una minuscola ciotola di verdure.

Vidi il mio corpo deperire. Un giorno mi pesarono. Fui sorpreso quando scoprì che ero sceso da circa 76 kg a meno di 39 kg. Mi faceva male dappertutto ed ero esausto. Provai un paio di volte a mettermi in piedi ma crollavo. Ero convinto che stessi per morire.

Desideravo dire soltanto una Messa prima di morire. Ma come potevo fare, rinchiuso in una cella d’isolamento?

Un giorno di agosto del 1953 successe qualcosa di sorprendente. Quando si aprì la porta della mia cella, la guardia mi diede del pane al vapore invece del solito riso. Pane, vero pane! Adesso mi serviva soltanto del vino per celebrare Messa. Mi balenarono nella mente le parole della Vergine a Cana: “Figlio, non hanno più vino.” Se solo Maria potesse dire da parte mia queste parole al Suo Divino Figlio! Mi rivolsi a Lei: “Mia carissima Madre, ho bisogno di vino, non per un banchetto mondano, ma per uno celeste, e voglio tramutare quel vino nel prezioso Corpo e Sangue del Tuo Divino Figlio. Potresti chiedergli cortesemente di farmi avere solo un po’ di vino? Io so, che non può dirti di no”. Mi misi ad aspettare pieno di fiducia.

Con il passare dei giorni la mia vista peggiorò fino a diventare completamente cieco dall’occhio sinistro e quasi cieco dal destro. Informai le guardie sul mio stato di salute. Portarono un dottore nella mia cella. Esaminò i miei occhi e disse che i nervi stavano sanguinando per mancanza di vitamine. Suggerì di darmi del cibo migliore ed anche della frutta. Ero convinto che non avrei ricevuto niente di ciò.

In verità il cibo rimase lo stesso ma, per mia sorpresa, un ufficiale comunista mi disse che avevano conservato i soldi presi dal cassetto della mia scrivania il giorno in cui fui arrestato e che li avrebbero usati per comprare della frutta per me. “Noi non prendiamo niente da voi imperialisti”, disse. Non era mai stato concesso a nessun prigioniero il privilegio di ricevere della frutta. Rimasi stupito quando mi chiese quale frutta volessi. Chiesi dell’uva.

Mi fu consegnata lo stesso pomeriggio una manciata di uve. Avevo ancora la camicia bianca che portavo il giorno del mio arresto. Staccai i polsini dalle maniche e li lavai con la mia razione di acqua. Quando i polsini furono asciutti, feci con uno una piccola borsa, ne misi qualche chicco e li pigiai per estrarne il succo, che raccolsi nella mia ciotola di riso. Presi quindi quel succo e lo misi in una bottiglietta che avevo tenuto nascosta nella cella. Me l’avevano data con della medicina pochi giorni dopo il mio arresto per farmi credere che i comunisti trattavano bene i loro prigionieri. Dopo aver versato il succo di tutti i chicchi nella bottiglietta, la chiusi con il sughero e la nascosi.

Alcuni giorni dopo il sughero fu espulso dalla bottiglia. Il succo era fermentato: adesso era diventato vino. Non avevo né altare, né tovaglia, né candele, né paramenti. Ma avevo pane e vino. Adesso potevo dire Messa.

Non potendo muovermi nella cella ed essendo costantemente sotto controllo, dovevo agire con molta cautela. Lavai una piccola superficie del pavimento della cella, che sarebbe servita da altare. Dopo, mi misi ad aspettare. Verso sera, ascoltai che la guardia di turno se la prendeva con un altro prigioniero. Dal suo tono di voce sapevo che sarebbe andato avanti a interrogarlo per almeno dieci minuti. Era la mia occasione. Mi alzai e stesi l’altro polsino della camicia sulla sezione pulita del pavimento. Vi collocai il pezzo di pane. Versai un po’ di vino nella ciotola che conteneva normalmente la mia razione di verdura.

Ero scalzo e portavo soltanto una camicia e dei pantaloni. Mi misi in ginocchio. Presi il pane e lo elevai in offerta a Dio, sussurrando la bellissima preghiera dell’offertorio: “Accetta, o Padre Santo, Dio onnipotente ed eterno, questa ostia immacolata che io, indegno tuo servo, offro a Te, mio Dio vivo e vero, per i miei innumerevoli peccati, offese e negligenze, e per tutti i circostanti, come pure per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti affinché giovi alla mia e alla loro salvezza per la vita eterna. Amen”.

Dopo, presi la piccola ciotola con il vino e sussurrai: “Ti offriamo, o Signore, il calice di salvezza.”  E arrivai in fretta alla Consacrazione. Presi il pane e il vino con le mie mani e pronunciai su di loro le parole sacre della Consacrazione.

Gesù Cristo era veramente presente con me in quella cella. Tutti gli altri visitatori erano stati tenuti lontani da me per via delle porte sbarrate. Ma non potevano fermare il Re dei Re. Erano stati quattordici lunghi mesi senza Messa, ma non potevo attardarmi, non potevo assaporare il momento. Omisi il resto della Messa fino ad arrivare alla Comunione. Avendo consumato le due specie, purificai in fretta la piccola ciotola, lavai il pezzo di stoffa che era servito da tovaglia dell’altare e mi misi a sedere. Il tutto era durato solo pochi minuti. La guardia era ancora alle prese con l’altro prigioniero.

Potete immaginare la mia gioia nell’accogliere questo Ospite nella mia cella. Avevo soltanto il pavimento e il polsino della mia camicia per farlo accomodare. Pensai a quella prima notte di Natale, quando Lui accettò di essere avvolto in fasce da Maria e posto in una mangiatoia. Il nostro Dio è un Dio umile e viene a noi non importa in quali circostanze e condizioni.

Quella sera fu troppo corta per ringraziarlo a dovere. Era stato l’unico visitatore gentile in quattordici mesi e aveva esaudito la mia preghiera di poter dire un’altra Messa prima di morire.

Ho potuto dire Messa non una ma ben dodici volte prima che finisse il vino. Per volontà di Cristo, la prima Messa fu celebrata in una delle festività della Madonna: la Festa dell’Assunzione.

Sono fermamente convinto che non sia stato soltanto per merito delle mie preghiere che ho potuto dire Messa, ma anche per le continue preghiere che eleva in tutto il mondo la Legione di Maria, la quale offre giorno dopo giorno, in più di 100 lingue diverse, il Rosario per le intenzioni della Madonna dicendo: “concedi benigno a tutti quelli che ricorrono a Te per chiedere grazie la gioia di ottenerle tutte per mezzo di Lei.”

Il padre Patrick Reilly arrivò in Cina nel 1947e fu espulso da questo paese in novembre del 1953.

Fr. Patrick Reilly, “Holy Mass”, The Angelus Online http://www.angelusonline.org/index.php?section=articles&subsection=show_article&article_id=1743

Tradotto dall’inglese.

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